Conte: «Non lasceremo indietro nessuno»! Ma intanto snobba gli ex dipendenti della C.R.I.

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Nell’attuale clima di incertezza e di disagio in cui centinaia di migliaia di famiglie e lavoratori cercano di sopravvivere, si inserisce la paradossale quanto vergognosa vicenda legata alla mancata erogazione del Tfs ai circa 4000 ex dipendenti pubblici della Croce Rossa Italiana.

Pur comprendendo le difficoltà legate alla pandemia e ai suoi riflessi economici e sociali, non si può più giustificare l’imbarazzante silenzio delle istituzioni e dei soggetti protagonisti di questa annosa vertenza.

Già dal 2017 (anno in cui è iniziata la mobilità obbligatoria a seguito della soppressione dell’ex Ente Pubblico), USB ha denunciato, in completa solitudine, che le liquidazioni di questi lavoratori erano seriamente a rischio.

Non sono stati sufficienti interrogazioni parlamentari, articoli giornalistici ed emendamenti alle varie Leggi di Bilancio per mettere fine a questa ingiustizia ed eliminare una evidente disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri lavoratori, pubblici e privati.

In questi lunghi e infruttuosi anni vi è stato un indegno rimpallo di responsabilità tra C.R.I., INPS e MEF, ai quali correrebbe l’obbligo - soprattutto morale - di mettersi intorno a un tavolo ed individuare ogni utile iniziativa capace di rendere giustizia a tutti quei professionisti tecnico-sanitari e amministrativi che hanno dato lustro alla Croce Rossa negli ultimi cinquant’anni.

Stanchi di rimanere inascoltati, ci siamo rivolti per ben due volte direttamente a Conte, con la certezza che quanto segnalato sarebbe stato preso in seria considerazione.

Invece non una parola, non un accenno, non una risposta che potesse riaccendere le speranze di questi lavoratori nel vedersi, finalmente, riconosciuto il diritto ad accedere al proprio Tfs. Un fatto particolarmente grave in un momento di profonda crisi economica che una larga fascia della popolazione sta vivendo sulla propria pelle.

Liquidazioni, che ogni singolo lavoratore ha regolarmente accantonato e che hanno portato nelle casse dello Stato (o della C.R.I.?) qualcosa come 92 milioni di euro, di cui si sono letteralmente perse le tracce.

Gli ex dipendenti della C.R.I. non sono imprenditori che pretendono ristori o prestiti a fondo perduto, sono stati e in parte sono ancora semplici lavoratori che vorrebbero riconosciuto un loro diritto inalienabile da quello Stato che, invece di tutelarli, li ha prima delegittimati e privati della propria professionalità, e ora li ignora defraudandoli dei loro accantonamenti, frutto di una onesta vita di lavoro.

L’USB continuerà tenacemente questa battaglia finché non otterrà giustizia, contro questa politica cieca e sorda che continua a sottovalutare le richieste di quel tessuto sociale che sta pagando a caro prezzo questa crisi.

 

Coordinamento nazionale Pubblico Impiego USB ESA-C.R.I.