Covid-19, il mortale gioco dell’oca di governo e regioni
Come nel gioco dell’oca. Siamo tornati alla partenza e sembra che il tempo sia trascorso invano, come sembra siano state vane le morti di decine di migliaia di persone, il sacrificio colpevole degli anziani nelle RSA e le migliaia di morti e infettati fra gli operatori sanitari.
Fossimo un paese normale, a distanza di mesi non dovremmo sentir più parlare di posti letto insufficienti nelle terapie intensive, non dovremmo più vedere imbarazzanti servizi televisivi documentare l’inadeguatezza di tanti ospedali nel garantire la separazione fra pazienti potenzialmente infetti da Covid-19 e gli altri, non dovremmo più ascoltare i fastidiosi lamenti di alcuni presidenti di regione riguardo alla carenza di personale, non dovremmo sopportare la minimizzazione che viene fatta del rischio contagio per supportare interessi di tipo economico e, infine, non dovremmo più assistere all’emanazione di norme tipo quella, già tristemente famosa, del limite delle 6 persone nella propria abitazione.
Ma dato che paese normale non siamo, ecco ripresentarsi le stesse problematiche già presenti al sorgere della pandemia. E allora ecco che “si rischia il crollo della prima trincea anti-Covid” se l’aumento dei contagi diventasse esponenziale, “nessuna regione può sentirsi libera e incolume da rischi” e infatti la Campania, uno dei migliori SSR a sentire il presidente De Luca, teme di venire travolta, mentre iniziano a moltiplicarsi i focolai di infezione nelle RSA e, negli ospedali di tante regioni, e i più esposti saranno ancora una volta gli operatori sanitari a causa dell’inadeguatezza delle misure organizzative assunte.
Come è stato possibile, nonostante la cosiddetta “seconda ondata” fosse pronosticata e data per certa, che le rassicurazioni sul potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale, sulle risorse da destinare allo sviluppo della medicina territoriale e della prevenzione, le promesse sulle assunzioni di personale, rimanessero solo parole?
È stato possibile perché è andata alle imprese la metà delle somme stanziate dai vari decreti che si sono succeduti durante l’emergenza, 110 miliardi.
È stato possibile perché con i soldi dei vari fondi sanitari regionali si è finanziato il rinnovo dei dipendenti della sanità privata, la stessa sanità privata che, nel momento dell’emergenza e della urgente necessità di posti letto di terapia intensiva, ha fatto orecchie da mercante.
È stato possibile perché, a dispetto delle parole, non sono stati tolti i vincoli di spesa per le assunzioni del personale e perché le regioni, come per altri aspetti quali il TPL e la scuola, si muovono in pressoché totale autonomia.
È stato infine possibile perché invece di investire in maniera massiccia e non emergenziale nel SSN, si è preferito continuare, ancora una volta, a pensare e gestire la sanità e la salute, solamente salvaguardando la sostenibilità economica e rispettando i futuri vincoli di bilancio che saranno, a dispetto di qualsiasi Recovery fund o MES che dir si voglia, riconfermati e imposti dall’Europa.
Unione Sindacale di Base – Esecutivo nazionale Sanità