Dalla Legge di Bilancio regali al calcio e calci alla salute pubblica! Alla faccia del ministro Schillaci e dei suoi emendamenti fantasma
In una Legge di Bilancio disastrosa, che dileggia i poveri ma salva le società milionarie di calcio, punisce i lavoratori dipendenti ma avvantaggia gli evasori, non poteva mancare l’ennesimo e ulteriore attacco alla salute pubblica.
Dei 2,2 miliardi previsti nella manovra per la Sanità, ben più della metà serviranno a compensare il caro bollette e il carovita, lasciando poche centinaia di milioni agli interventi strutturali che dovrebbero comprendere anche il recupero delle liste d’attesa di quei milioni di prestazioni perse a causa della pandemia.
Il neoministro della Salute Schillaci, quello per cui “la salute non è né di destra né di sinistra” (in effetti non è mai stata tutelata né da destra né da sinistra, considerati i 37 miliardi di tagli dal 2010 al 2020 e la crescita di oltre 2 miliardi di spese direttamente a carico dei cittadini che possono permetterselo solo nel 2019/2021), si era impegnato a sostenere due emendamenti alla Legge di Bilancio che però non risultano essere mai pervenuti alla discussione. Chissà, magari in ossequio al detto che il miglior servitore è quello che anticipa i desideri del padrone.
Il primo prevedeva 10 milioni di spesa nel 2023 e altrettanti nel 2024 per la prevenzione dei tumori ed il potenziamento di diagnosi, cura e assistenza ai malati oncologici. Sicuramente pochi, a fronte dell’allarmante incremento delle diagnosi oncologiche seguite all’assenza di screening del periodo pandemico, ma comunque un passo verso la giusta direzione.
Non averlo neanche portato in discussione non è solo un pessimo segnale del ruolo marginale ricoperto dal Ministero della Salute in questo governo, ma è ingiustificabile e persino immorale per chi ha esordito al grido di “basta parlare di Covid, ci sono emergenze più importanti, per esempio i tumori”. Appunto.
Il secondo emendamento annunciato dal Ministro e mai depositato, anticipava a gennaio 2023 (dal 2024) l’indennità di Pronto soccorso per gli Operatori sanitari. Poco, in termini economici, sia per arginare gli stipendi più bassi d’Europa e un rinnovo del contratto (già scaduto) che non ha recuperato nemmeno il costo reale dell’inflazione (figuriamoci il caro bollette!) sia per arrestare la fuga dai Pronto Soccorso e dalle scuole di specializzazione. Però rappresentava almeno un riconoscimento delle condizioni e dei carichi di lavoro proibitivi a cui è sottoposto il personale sanitario d’emergenza. Senza il quale non solo i Pronto Soccorso si spopoleranno, producendo un enorme danno alla qualità delle cure successive e quindi allo stato di salute complessivo, ma con l’aggiunta della beffa di dover assoldare personale sanitario a gettone dalle cooperative con costi esorbitanti per le casse dello Stato, visto che una giornata a partita IVA costa quanto un mese da dipendente!
Su ambedue gli emendamenti fantasma il ministro si era speso parecchio, a parole, e noi abbiamo preferito attendere la prova dei fatti prima di esprimere giudizi sul suo operato, sebbene il profilo delle dichiarazioni non lasciasse intravedere un grande orizzonte per la Sanità pubblica in un Paese dove circa 6 milioni di cittadini sono costretti a rinunciare alle cure.
Se il buongiorno del Ministro è questo c’è poco da stare allegri e tanto da lottare, per conquistare una Sanità pubblica degna di questo nome.
USB Pubblico Impiego - Sanità