Lotta al Covid-19 nella Regione Lazio: i “tappabuchi” del 118 denunciano carenze e tagli di indennità

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Operatori della Sanità sul piede di guerra: mentre aumentano i numeri della pandemia e i carichi di lavoro per gli operatori sanitari, la Regione Lazio non procede con il piano assunzionale e decurta l’indennità di malattie infettive ai lavoratori.

Nella busta paga del mese di settembre, proprio quando i trasporti per pazienti positivi per Covid-19 si sono intensificati e gli operatori del 118, come quelli dei Pronto Soccorso e dei servizi territoriali, devono utilizzare sempre più spesso i presidi di protezione, è stata sospeso il pagamento dell’indennità infettivologica.

Pare che la Regione Lazio non abbia ri-finanziato i fondi necessari al pagamento di questa indennità e nemmeno abbia autorizzato le aziende sanitarie a pagarla dopo il mese di agosto.

Così accade che a fronte di un incremento delle attività del 118 deliberate dalla regione proprio per l’emergenza Covid - come il rientro dei pazienti al proprio domicilio, i trasferimenti inter-ospedalieri e per ultimo l’esecuzione dei test rapidi - corrisponde una decurtazione salariale e un mancato riconoscimento del lavoro svolto.

Questa amministrazione regionale, invece di rafforzare i servizi territoriali, così come raccomandato anche dalle linee guida nazionali, riversa sul servizio di emergenza le carenze di un’assistenza territoriale ormai quasi esclusivamente affidata al privato, a cui peraltro continua a delegare servizi invece di rafforzare le risorse pubbliche.

Lavoratrici e lavoratori del 118 e di tutta la rete dell’emergenza sono stanchi di dover sopperire alle mancate risposte assistenziali che i servizi sul territorio, ormai privati di tutto, non possono dare. Stiamo congestionando gli ospedali con pazienti lievemente sintomatici, addirittura positivi asintomatici, magari in transito da paesi stranieri. I “blocchi barella” presso i Pronto Soccorso sono ricominciati, con l’aggravante che, quando non si può rispettare il distanziamento sociale per mancanza di personale, fanno stazionare o “ricoverano” i pazienti all’interno dei mezzi del 118. In questo contesto il mancato riconoscimento di una indennità, peraltro prevista dal contratto, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Chiediamo il ripristino della rete di assistenza territoriale, il rafforzamento di quella ospedaliera con nuove assunzioni e la riapertura dei posti letto tagliati. È necessaria la ripresa delle attività ambulatoriali, spesso  disponibili ormai solo in intramoenia o dai privati. La Sanità dev’essere per tutti, la salute è un bene comune.

Per questi motivi lavoratrici e lavoratori della Sanità si ritroveranno in piazza per un presidio sotto la Regione Lazio il 30 ottobre, per chiedere che dalle parole si passi ai fatti.

USB Sanità Regione Lazio