USB contro il caporalato nelle professioni sanitarie
Dal 14 febbraio 2018 infermieri e tecnici sanitari hanno l’obbligo di iscrizione agli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (TSRM-PSTRP), obbligo frutto di una massiccia azione di lobby sui lavori parlamentari e che prevede tra le altre cose il pagamento coatto di una quota annuale associativa a Ordini e Collegi. In pratica le uniche associazioni abilitate alla formazione, alla tenuta e revisioni di albi ed elenchi degli abilitati all’esercizio delle professioni, alle funzioni disciplinari.
Così, mentre il mondo va avanti, l’Italia guarda indietro alle organizzazioni di stampo feudale che tanta fortuna hanno avuto nel Ventennio: le corporazioni.
Lo Stato esercita solo una vaga forma di vigilanza, lasciando che queste associazioni/corporazioni diventino luoghi affaristici e di concentrazione di potere lobbistico, nei quali l’iscrizione obbligatoria viene usata come vincolo per l’esercizio professionale. Per poter lavorare, insomma, il prestatore d’opera deve COMPRARE IL PROPRIO LAVORO, da cui la definizione di caporalato. E un professionista è costretto a pagare una vera e propria tangente, pena il rischio di denuncia per esercizio abusivo di professione.
La tenuta di un albo non può essere affare tanto complesso di cui lo Stato non possa occuparsi direttamente: quanto costa mantenere un elenco di nomi e la conseguente verifica dei titoli abilitanti? In Europa queste funzioni vengono svolte, garantendo la sicurezza della professionalità e l’aderenza ai codici deontologici, essenzialmente dai ministeri preposti, senza pesanti aggravi per i lavoratori.
USB è sicura che gli Ordini non siano la risposta alle legittime aspirazioni di crescita e dello sviluppo professionale: molto di più possono fare le libere associazioni scientifiche ad adesione volontaria, finalizzate all’approfondimento di settore, alla formazione e alla discussione delle problematiche specifiche. Libere associazioni strutturate collegialmente, in maniera tale da impedire di fungere da trampolino di lancio per posti dirigenziali come invece sta accadendo con gli Ordini. I quali, prendendo ad esempio il neonato Ordine TSRM, si caratterizzano più per gli atteggiamenti vessatori nella strenua ricerca della quota iscrizione, che per iniziative di vera crescita professionale per gli oltre 200.000 interessati.
Nel 2013 fu presentata una proposta di legge che conteneva l’abolizione degli Ordini e Collegi; prevedeva la creazione presso i ministeri competenti di pubblici registri professionali degli abilitati, oltre all’abolizione dei consigli di disciplina degli Ordini e all’attribuzione delle loro competenze ai tribunali civili. La proposta di legge è finita nel porto delle nebbie e non ha avuto nessun seguito.
Il problema per noi Infermieri e Tecnici Sanitari è forse quello di preoccuparsi della libera professione, come di un regime lavorativo che non ci viene consentito dalla legge, oppure di esercitare una professione davvero libera da condizionamenti e coazioni economicamente onerose nonché antitetiche, sul piano della libertà di scelta del lavoratore?
La risposta è obbligata come altrettanto obbligatoria è la necessità di costruire un percorso comune, che abbiamo già iniziato diffondendo i moduli da presentare alle Aziende con la richiesta di farsi carico delle odiose quote d'iscrizione, richiesta che lascia comunque aperta la possibilità di intraprendere iniziative vertenziali nei casi di risposte negative. Per far sì che questo primo passaggio non risulti asfittico e si trasformi in una stanca battaglia di retroguardia, è imprescindibile porre e porsi altri e più alti obiettivi e cioè:
- Abrogazione comma 1 art. 5 della Legge 3/2018
- Formazione, tenuta e revisione degli Albi professionali presso il Ministero della Salute
- Testo unico del Codice deontologico delle Professioni Sanitarie depositato presso il Ministero della Salute
Per raggiungere questi obiettivi, per intaccare un sistema ingiusto e inaccettabile e per evitare di porre USB allo stesso livello di organizzazioni che usano in maniera strumentale il disagio di centinaia di migliaia di lavoratori, occorre il coinvolgimento dei Professionisti, Infermieri e Tecnici Sanitari, da ottenere attraverso una capillare campagna informativa e occorre individuare strumenti - come una raccolta firme nazionale e una manifestazione davanti al Parlamento per consegnarle – veicolo del malcontento e stimolo alla politica per modificare l’attuale quadro legislativo.
USB Pubblico Impiego Sanità