USB: la sanità pubblica calabrese è in condizioni disastrose e impreparata ad affrontare l’emergenza Coronavirus, ma i ras della sanità privata vogliono arricchirsi anche con la pandemia
Per la sanità privata anche la pandemia è terreno di profitto
Lo smantellamento del sistema sanitario nazionale iniziato dagli anni ’90 si manifesta oggi nella sua drammaticità.
Il modello di tutela della salute basato su un impianto universalistico, che non vincolava il diritto alle cure al reddito, è stato negli anni smontato da una serie di operazioni politiche che hanno aperto il mondo della sanità alle logiche del profitto e gradualmente consegnato agli imprenditori della sanità privata le chiavi di un settore cruciale per vita della comunità.
La logica sottintesa a tali operazioni è stata sempre la solita e cioè la retorica che il pubblico è sinonimo di spreco e clientela mentre il privato di eccellenza, tutela e garanzia.
Oggi in piena emergenza sanitaria si consumano le contraddizioni di questo paradigma ed emerge la centralità di un sistema sanitario pubblico che seppur indebolito da anni di privatizzazioni e tagli, si sta dimostrando il solo argine in grado di porre un freno all’avanzata del virus.
Se negli anni anziché chiudere i presidi ospedalieri periferici, ridimensionare quelli esistenti tanto da renderli inutilizzabili e congestionando le HUB, tagliare su personale e tecnologie si fosse puntato su un loro potenziamento la situazione probabilmente sarebbe stata meno drammatica.
Al contempo si evidenzia il ruolo irrisorio del settore privato nel fronteggiare questa crisi pandemica che ad oggi è totalmente assente e impreparato, essendo esclusivamente concentrato sulla difesa dei propri privilegi, su come massimizzare i profitti tagliando sul costo del personale, su come tenere sotto scacco le ASP e le Regioni nel rivendicare aumenti del costo delle rette e maggiorazioni del numero delle convenzioni.
Nei giorni scorsi, Paolini, il Ras dell’associazione dell’ospedalità privata, seguito a ruota da Scorza per Uneba, Caroselli per Aiop, Garro per Anaste, Poggi per Agidae, Siclari per Aris e Citrigno per Uninidustria Sanità, dichiaravano alla Santelli e al Generale Cotticelli la propria disponibilità e quella dei loro accoliti a “mettere a disposizione del servizio sanitario tutta la rete accreditata, nonché a riattivare i posti letti esistenti ed autorizzati ma al momento non utilizzati, nella quantità nei termini e con le modalità che saranno comunicate, ovvero concordate.
Certi che apprezzerete il senso di responsabilità che ci induce a formulare l’offerta”.
Si tratta delle stesse persone che gestiscono la sanità accreditata, quindi pagata con il denaro dei contribuenti, come se fosse cosa loro.
Gli stessi che negli anni hanno ricattato un territorio e la sua popolazione dichiarando la serrata delle cliniche se non fossero state aumentate le giornate accreditate a copertura di tutto l’anno, e che avrebbero proceduto con la dimissione dei pazienti già ricoverati se le stesse prestazioni erogate non fossero state corrisposte extrabudget.
Gli stessi che gestiscono clientelarmente le cliniche determinando le liste d’attesa e decidendo chi ha la priorità di curarsi e chi no.
Quelli che tengono sotto ricatto i propri dipendenti facendo il bello ed il cattivo tempo, utilizzandoli come bacini di voti e clientele e obbligandoli come sta succedendo in queste ore, alle ferie forzate.
Subito dopo Paolini ed i suoi lacchè, a strettissimo giro ha fatto seguito il gruppo iGreco, altro colosso calabrese della sanità privata, che in una folle corsa a chi la spara più grossa mette a disposizione il personale medico e paramedico e 120 posti letti, di cui 60 autorizzati per la riabilitazione estensiva presso Madonna della Catena a Dipignano e 60 accreditati all’ex Madonnina di Cosenza. Ora appare evidente anche ai ciechi che quelle dei padroni della sanità privata cosentina sono operazioni di facciata, proclami roboanti fatti per lavarsi la coscienza, difendersi dalle accuse dell’opinione pubblica e cercare in qualche misura di rosicare qualche margine di guadagno compromesso dagli svuotamenti delle loro strutture alla luce dalle limitazioni degli spostamenti extra-domiciliari e dell’ordinanza della Santelli che non autorizza ricoveri e prestazioni ambulatoriali ordinarie fino al 3 Aprile.
Come si dice a Cosenza, non siamo nati ieri e camminiamo oggi. Sappiamo bene che da questi signori niente è fatto per niente. Mettere a disposizione i posti autorizzati e non accreditati, significa poter disporre un domani di maggiore capacità contrattuale con le ASP e la Regione per ottenere il tanto agognato accreditamento che è la misura che permette a questi signori di aumentare le proprie rendite. Do ut des, io ti do oggi qualcosa con una mano per prendere domani con tutte e due. I posti autorizzati infatti non vengono rimborsati dalla Regione per cui sono posti di fatto non reali, inesistenti, che i padroni della sanità privata hanno riconosciuti nei loro contratti, ma che di fatto nessuna struttura eroga perché sono posti a pagamento.
Quindi cosa starebbero offrendo? I posti autorizzati sono tali solo sulla carta. In buona parte dei casi funzionano perché i pazienti che li utilizzano sono quelli che hanno patologie non corrispondenti alla convenzione della clinica ma magari hanno i soldi per pagare o i rimborsi delle assicurazioni.
Nella maggior parte dei casi sono posti fittizi perché nessuna clinica si sognerebbe di investire soldi in posti letto inutilizzati, strutture tecnologiche e nuovo personale, commisurato ai posti autorizzati, senza avere la garanzia di essere rimborsata.
Per cui le strutture private si limitano solamente a fornire i posti letto e le prestazioni accreditate perché quelle sono garantite, senza alcun rischio d’impresa. Non pensiamo certo che lo spirito che sta alla base della proposta di questi signori sia la solidarietà e la filantropia, abituati come sono a piangere miseria in ogni occasione, ad estorcere margini di profitto sulla sfruttamento della forza lavoro, a ricorrere alle agevolazioni dello stato e agli ammortizzatori sociali non appena fiutano odor di crisi, a ricattare la chiusura e utilizzare i lavoratori come mezzo di scambio per aumentare le proprie prebende. Un governo regionale serio, meno compromesso con questi signori, autonomo nelle scelte e non asservito ai padroni della sanità privata, avrebbe rispedito al mittente l’offerta che puzza tanto di ricatto e requisito le cliniche private per metterle a disposizione della sanità pubblica e dei cittadini.
USB Confederazione Cosenza